28/07/2017
Era l’anno della baby dance. L’appuntamento più atteso delle serate estive, per mia figlia Greta.
Un palco su cui salire e scendere infinite volte e musica a tutto gas per ballare, saltare ed urlare.
A poco più di due anni, un vero spasso.
Fino a quando una sera, seppur visibilmente stanca, ha scalato per la centesima volta i gradini per salire sul palco ed è carrambolata per terra grattugiandosi uno zigomo.
Molto spavento per tutti e per fortuna, solo una bella crosticina a ricordo dell’accaduto.
Come tutti i bimbi di quell’età nei giorni successivi aveva un gran da fare nel toccarsi la ferita, guardarla allo specchio e ripetere come un mantra “Greta bua, caduta dal palco” oppure “Perché Greta bua?”
Dopo una settimana l’intera crosticina si è staccata. Pensavo che a quel punto il mantra sarebbe terminato e invece no!
Portava in giro per la stanza la crosticina staccata, come fosse un trofeo, chiedendo in continuazione “perché Greta bua? Perché?”
E allora abbiamo fatto il nostro rituale della bua.
Siamo andate in bagno, mentre Greta teneva stretto il suo trofeo. Abbiamo ringraziato la ferita perché grazie a lei ha imparato a stare più attenta quando ci sono dei gradini alti da fare e soprattutto ad ascoltare se stessa e fermarsi o rallentare quando è troppo stanca.
Dopo di chè, ha gettato la crosticina nel water e abbiamo tirato l’acqua!
E finalmente il mantra è terminato 😉
Come cambierebbe il nostro mondo interno di pensieri ed emozioni se riuscissimo a ringraziare le nostre ferite per quello che ci hanno insegnato?
Cosa abbiamo imparato dalle ferite fisiche ed emozionali che abbiamo vissuto?
Il venerdì è la giornata dedicata alla gratitudine #gustatilavita